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Giò Pomodoro

Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995

Giò Pomodoro, all’anagrafe Giorgio Pomodoro è nato in Toscana nel 1930. È considerato uno fra i maggiori scultori astratti del panorama artistico internazionale del XX secolo. 

Ha condotto i suoi studi a Pesaro, dove spesso trascorreva del tempo nella bottega di un orafo.

Nel 1954 muore suo padre e, dopo un breve soggiorno a Firenze, si stabilisce l’anno seguente a Milano. Nello stesso anno comincia a esporre a Firenze alla galleria Numero di Fiamma Vigo, poi alla Galleria Montenapoleone e alla Galleria del Naviglio di Milano, alla Galleria del Cavallino di Venezia e alla galleria dell’Obelisco di Roma. Inizia una collaborazione alla rivista Il Gesto e insieme a suo fratello maggiore Arnaldo e altri artsiti come Piero Dorazio, Giulio Turcato, Tancredi Parmeggiani, Achille Perilli e Lucio Fontana espone alle collettive del gruppo Continuità, a cui partecipavano i critici Giulio Carlo Argan e Gudo Ballo.

Più tardi si distacca da questo gruppo in favore della personale ricerca scultorea, dando luogo alle prime esperienze informali sul segno. In seguito a una lunga ricerca sulla materia, definisce il suo stile che predilige ampie aree in bronzo e grandi blocchi marmorei o di pietra. Il sole è spesso il soggetto delle sue opere, a cui sono legati dei precisi significati ideologici dell’autore.

Nel 1956 è invitato alla XXVIII Biennale di Venezia in cui presenta gli Argenti fusi su osso di seppia, dedicati al Ezra Pound. Nel 1959 partecipa a Documenta 2 di Kassel esponendo Fluidità contrapposta e sempre nel ’59 prende parte alla Biennale dei giovani artisti di Parigi, vincendo il premio per la scultura. Nel 1961 tiene due personali alla galleria internazionale di Parigi e alla galleria Blu di Milano. Nel 1962 riceve un secondo invito alla Biennale di Venezia e negli anni seguenti continua a esporre anche all’estero.  

A partire dagli anni settanta iniziano gli ultimi due cicli della sua vita artistica, in cui produce numerose opere voluminose e monumentali.

Nel 1978 reallizza le scenografie dell’opera verdiana “La forza del destino” all’Arena di Verona e partecipa per la terza volta alla Biennale di Venezia. Nel 1980 si occupa nuovamente di scenografia, questa volta per il Flauto Magico di Mozart presso La Fenice.

Nel 1984 partecipa per l’ultima volta alla Biennale di Venezia.

Dopo un grave ictus, muore a Milano il 21 dicembre 2002.

Opere

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